Gianni Cestari

Testi

GIANNI CESTARI

Antologia 2000/2013

 

Graziano Campanini

 

Per quale motivo La Pioggia nel Pineto di D’Annunzio o San Martino del Carducci rimangono nella nostra memoria collettiva? Per quale motivo una vicenda semplice come la pioggia che cade sulle foglie di un bosco, o la vita di un cacciatore che dall’uscio di un’osteria guarda volare al tramonto degli uccelli migratori, sono oramai nella memoria di tutti? Sicuramente perché a scuola ci hanno “obbligato” a studiarle ma anche perché queste ed altre poesie hanno assunto un “valore collettivo”, sono parte della nostra memoria storica e del nostro DNA culturale.

Parimenti, certi lavori di Gianni Cestari hanno o stanno assumendo sempre più un carattere di valore universale. Ad esempio, Fari dopo la pioggia del 1997 oppure Chi salirà per me? del 2008 e Sospiri: il tempo sprecato, due grandi acrilici questi ultimi esposti a Casa Ariosto, hanno già questo valore. Così è per gli Angeli del Belriguardo (Storia invisibile del 2009) o per le navi esposte a Lisbona (Una storia del 2003). Viene da chiedersi dunque, perché mai a Lisbona siano tanto piaciute? Perché molti dei lavori realizzati per i “dialoghi con il Coronelli”, come Canale di Costantinopoli del 2010, sono piaciuti al punto da esserne continuamente richiesta di nuovo la visione in mostra? Forse perché, osservando quelle opere, i dettagli ,le pennellate, i tratti delle matite o dei carboncini, i colori degli acrilici e i rigonfiamenti degli acquerelli così come sono stati composti, i visitatori se ne sentono rappresentati, capiti, colpiti. Queste opere infatti espongono in maniera estremamente poetica e con tecnica raffinata sentimenti e idee di molti di noi: italiani, americani, portoghesi o russi; ci fanno pensare oltre che sognare.

Questo è il “magistero” del lavoro di Gianni Cestari. Dunque, bene ha fatto il Comune di Bondeno, luogo natale dell’artista a dedicargli tutti gli spazi della Pinacoteca Civica, oggi ahimè a causa di numerose vicende, priva delle collezioni permanenti. La mostra ha la forma di lungo racconto; un’antologia poetica di quadri, oli, acrilici, carboncini, matite di quasi quindici anni della vita artistica del pittore. Vita artistica che, negli ultimi vent’anni, si è molto modificata e migliorata. Con il proprio lavoro Cestari è riuscito ad inserirsi tra i percorsi più avanzati che oggi vi siano nella pittura. Come ebbi a dire in una precedente occasione, “Gianni Cestari riesce a navigare come un provetto surfista sulla cresta dell’onda della contemporaneità, portando in pittura la propria voce autonoma, libera e dalle solide radici culturali”. In mostra si testimonia anche il suo lavoro futuro prossimo: un altro viaggio, memoria, sogno, questa volta attraverso l’Orient Express, dentro se stesso e nei nostri cuori per sognare, pensare, emozionarsi. Un racconto con un filo rosso che egli sa mantenere e condurre da molti anni tra racconti di fari, angeli, animali fantastici, personaggi quali l’Orlando Furioso e Astolfo, o tra i mari e i popoli degli atlanti di Vincenzo Maria Coronelli; tenendo il passo della contemporaneità, a volte compiendone uno in più. Come mai a Bondeno esiste una simile storia artistica e pittorica che inizia nella prima metà dell’800 e arriva fino al nostro Cestari? Da Antonio Benini fino a Galileo Cattabriga e da Carlo Tassi fino al nostro? Cosa c’è nell’humus di questa terra che trasforma alcuni dei suoi abitanti in poeti della scrittura o in poeti della pittura. Che sia la vicinanza alle acque del Po, del Panaro e alle grandi bonifiche idrauliche? Che siano gli “spiriti” che abitano i grandi boschi cedui o i cieli blu di plastica delle estati assolate o degli animali selvatici che vivono fra i campi, gli argini o le nebbie; o ancora gli storioni che vivevano nel fiume? E perché certi artisti, come per l’appunto Cestari, riescono a trasformare una “filosofia di vita” a contatto con l’ambiente naturale fatto di sapori e di colori della propria terra in un percorso d’arte di così alta qualità? Molto tempo fa la grande pianura che si dipana dalle colline bolognesi fino al Po era piena di luoghi magici, misteriosi ed affascinanti: per le storie che vi erano effettivamente successe, per la “fama” degli abitanti o per le storie che su quei luoghi erano state inventate. Luoghi come la piazzetta del Pozzo delle Catene a Pieve di Cento o la torre del Porto dell’Uccellino a Poggio Renatico o la grande chiesa trecentesca sull’argine del Po a Felonica e così via. In quel tempo le storie ed i luoghi erano molto più numerosi, forse perché le nebbie erano più fitte, le strade sconnesse e perigliose, le acque spesso ristagnanti per molti mesi nelle campagne. E il sole in estate era più caldo, più forte, da far rimbombare le teste. Solo alcuni di quei luoghi sono rimasti; più segreti più nascosti ma non introvabili. Uno di questi, è la casa-studio di Gianni Cestari. Quest’ultima inverosimilmente piena di suoi lavori: cartoncini, tele, legni, lavori iniziati e non ancora finiti, oggetti, macchine fotografiche, un idrovolante appeso al soffitto, lavori di terracotta e gesso, dipinti di amici, cartoline, fotografie, pennelli, pennarelli, carboncini… opere appese alle pareti e altre che lentamente si vanno accumulando una sopra l’altra appoggiate ai pavimenti ed ai muri.

È questo un altro di quei luoghi magici che sarebbe bello andare a vedere ogni tanto, magari con una visita guidata fatta dall’artista stesso. Magica è così anche Stellata luogo dove Gianni, nella Rocca Possente, ha fatto ormai alcuni anni or sono una delle mostre più belle. La cittadina è magica fin dai tempi remoti, fin da prima che gli Estensi chiudessero il Po alla navigazione tirando una catena a filo d’acqua dalla Rocca Possente ferrarese fino alla torre non più esistente dall’altra parte del fiume a Ficarolo. Un porto, locanda, ristorante, magazzino, porta per il nord, per generazioni di barcaioli, naviganti, o viaggiatori, soldati, commercianti. Immagino, che nelle lunghe notti d’inverno, fra gli umori delle nebbie, le piogge insistenti, il fango, l’umido delle notti o per contro, nelle calde serate di luglio ad osservare le lune piene meravigliose, questi “viandanti” trovassero conforto nei racconti veri o inventati sulla cittadina, sui luoghi che avevano lasciato le notti precedenti con le loro barche o quelli che avrebbero incontrato nelle notti successive. Storie intrecciate, intessute della fatica e del lavoro quotidiano, delle paure per le guerre in corso riempite ancora dai propri desideri, dalle proprie storie personali o familiari ingigantite, modificate, traslate. E così è stato, o è ancora in parte, anche per molti degli altri luoghi magici che prima citavo. Cestari traduce per noi con la sua pittura questi “mondi”. Non racconta solo di un passato vissuto e raccontato da grandi come l’Ariosto o il Tasso o il Cattabriga ma superando con facilità un’operazione che poteva sembrare nostalgica ci racconta con la sua pittura il quotidiano. Di come il nostro quotidiano sia intessuto di un grande passato ma anche di presente familiare e collettivo e come vi sia un anelito a guardare il futuro e a tradurlo in nuovi avventurosi viaggi per i “viandanti” contemporanei.

L’artista non rappresenta un valore solo nella propria città, ma va ben oltre quei confini. I suoi blu e le sue mappe stellate, i suoi animali fantastici e quelle ruggini dei porti sono poesie che parlano al cuore di ciascuno, senza limiti di sentimento e di geografia. Dipingendo e raccontando del Po, dei barconi e delle navi a Porto Corsini; nei colori dei grandi fari dove s’intravede la forma architettonica, la luce intermittente della torre, i grandi verdi i gialli e le ruggini, si forma un racconto della sua “piccola” patria che diventa patria comune e attraverso quelle forme possiamo leggere in fondo alle nostre anime. Quando coi suoi grigi-neri e i blu cobalto realizza ippogrifi, elefanti, o angeli, lo fa attingendo da una tradizione letteraria che va da poeti come l’Ariosto fino a Corrado Govoni e a Fabrizio Resca. Animali fantastici volano sulle ali della fantasia dei grandi maestri della letteratura che lui mutua e trasforma con la pittura. Nei lavori realizzati per il Coronelli intravediamo un’eco di Sironi, qualche grigio di Morandi, dei pastelli alla De Pisis: certo ogni artista non nasce isolato, la storia dell’arte con tutti i suoi misteri e racconti diventa la scuola a cui abbeverarsi. Così come degli ori e azzurri del Rinascimento. Insegnamenti ben accolti e trasformati in un modello di pittura personale, unico. Fortunata è quella terra che sa riconoscere i propri poeti, pittori, scrittori; fortunata è quella terra che li sa comprendere ed amare, riconoscendone la bellezza. Gianni Cestari, è un uomo apparentemente tranquillo; ma ha un grande cuore e sa tradurre per tutti noi sentimenti che proviamo e che a volte non comprendiamo. Guardando le sue opere impariamo a capire la pittura ma anche capire noi stessi, se ne abbiamo voglia. Vediamo “il mondo” come lui ce lo descrive e vi riconosciamo dentro anche dei nostri pensieri, delle nostre idee; materializzazioni dei nostri sogni.

La sua pittura è bella perché fantastica, perché poetica, ben composta sulla tela, sulla carta, sulle stoffe. La sua pittura ci piace perché racconta una parte della storia dell’arte contemporanea e ancora ci racconta un pezzo della nostra società e in parte, di noi stessi.

 

Catalogo Antologia 2000/2013, Bononia University Press

Pinacoteca Civica di Bondeno, dicembre 2013

 

 

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